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lunedì 22 dicembre 2014

Decay, gli zombie approdano al CERN!


Gli zombie sono arrivati al CERN e si sono mangiati il gatto di Schrödinger, chissenefrega se e' vivo o morto! Quelli mangiano di tutto!
Il Large Hadron Collider del CERN è sempre stato oggetto di speculazioni apocalittiche di ogni tipo: alcuni supponevano avrebbe creato un mini buco nero che si sarebbe ingollato tutto il pianeta, ma mai nessuno aveva pensato che sarebbe stata la fucina di un'apocalisse zombie!


I poveri derelitti che dovranno trovare una via di fuga dai tunnel dell'LHC.
Nonostante l'assoluta inesperienza come attori professionisti, non se la cavano male...

Nel 2012, Luke Thompson, ricercatore dell'Università di Manchester, non sapendo bene come riempire i buchi temporali tra una collisione di protoni e l'altra, decide di improvvisarsi regista e, insieme alla sua squadra di fisici, mette insieme uno zombie movie girato all'interno del famoso centro di ricerche, dove da diversi anni ormai si sta cercando la famigerata "particella di Dio".
Vediamo di entrare nel vivo della trama senza spoilerare nulla. Un gruppo di giovani fisici viene incaricato di presiedere la sala controllo dell'LHC a seguito di un misterioso guasto accaduto all'interno dell'acceleratore, mentre un'altra squadra viene inviata a ripararlo all'interno dei tunnel. 


L'ambientazione nei meandri dell'acceleratore calza a pennello.
Viene quasi da chiedersi se gli zombie non ci siano davvero là dentro!

Il compito sulla carta è piuttosto semplice, visto che il grande marchingegno viene messo offline per far sì che le riparazioni avvengano in completa sicurezza.
Una ragazza dell'allegra compagnia sta inoltre facendo una ricerca sull'influenza delle radiazioni di Higgs sul tessuto vivente, commissionata da uno dei capoccioni della struttura. Misteriosamente l'acceleratore si riattiva proprio mentre la squadra di riparazione si trova all'interno, bombardandoli di mortali radiazioni.
I ragazzi nella sala controllo sono anche loro costretti a fuggire e in qualche modo riescono a salvarsi, ma sono ancora bloccati nel sottosuolo.

La simulazione della ricercatrice ci spiega come le radiazioni abbiano
trasformato dei poveri scienziati in morti che camminano.

Nasce così la storia di una fuga disperata per raggiungere la superficie, fuggendo da una numerosa squadra di ex esseri umani che, per effetto delle radiazioni, sono diventati i classici zombie mangiauomini. Nel film la spiegazione pseudoscientifica consiste nella necrosi di tutto il tessuto cerebrale tranne la zona più interna ed "animalesca" del cervello, che trasforma la ratio umana in mero istinto predatorio. Inoltre le facce dei nostri morti viventi hanno anche l'aspetto zombiesco a causa delle bruciature da radiazioni. Insomma, genesi differente, ma risultato zombie da manuale: compresa la questione dei morsi che infettano la vittima tramutandola a sua volta in uno di loro e, chiaramente, l'uccisione degli stessi garantita solo colpendo il cervello.


Zombie! Zombie! Zombie! Il trucco è buono, che dite?
L'atteggiamento zombiesco, anche...

La trama è molto godibile e, nonostante il classico e ormai abusatissimo tema dei non-morti, riesce a regalare qualche sorpresa nel finale.
Chiaramente, essendo sostanzialmente un film amatoriale, ha molti limiti, primo fra tutti la recitazione. Gli attori, anzi i non-attori, per restare in tema, escono allo scoperto soprattutto nelle scene di maggiore concitazione, durante gli assalti zombie, ad esempio, con espressioni di paura forzatissime, gestualità al limite del ridicolo e una pletora di errori non percepibili singolarmente, ma che a livello macroscopico, danno un senso di amatorialità pazzesco.


Può uno zombie non mangiare carne umana?
Il film non si discosta dai canoni della zombologia applicata.

Nelle scene di routine questo gap è meno percepibile e in ogni caso, se amate il cinema indipendente, non potrete non apprezzare lo sforzo di questi ragazzi che, quantomeno, ci hanno regalato un giro gratuito dentro uno dei laboratori più famosi del mondo!
La colonna sonora è praticamente inesistente e ne troviamo qualche scampolo, all'inizio, più avanti durante una scena romantica tra i protagonisti e nel finale.
Segnalo inoltre la presenza nel film della pistola con il caricatore più capiente del mondo: non ho idea di quanti colpi riesca a sparare senza mai essere ricaricata, forse è frutto di qualche esperimento collaterale di quei maledetti cervelloni!


Piccolissimo spoiler: il latin lover della compagnia subisce una
mortale fellatio-zombie! Cosa a cui nessun regista di
zombie movie aveva mai pensato!

In conclusione

Il film è godibile, in barba alla recitazione claudicante e diverse pecche della regia, ma anche senza esperienza, si nota la presenza di un lavoro fatto da quozienti intellettivi di un certo calibro, che ha permesso che il film non cadesse mai nel bamboccesimo professionistico.


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Voto WhatsGeek Movies: 6/10

martedì 16 dicembre 2014

At the End of the Day, un giorno senza fine


Ma è mai possibile? E' possibile che la maggior parte delle volte che a qualcuno viene in mente un'idea brillante, questa non riesca a giungere indenne al lavoro finito?
Vediamo di capirci: il film merita, ci mancherebbe, la fotografia è curatissima, scenografia, dialoghi e tempi sapientemente gestiti creano un'atmosfera degna di un ottimo thriller d'azione, ma infastidisce il fatto che per un soffio poteva essere veramente un grande film, mentre certe bambocciate lo hanno pesantemente declassato.
Un gruppo di ragazzi organizza una partita di softair in una bella zona boscosa con tanto di rudere a fare da base operativa per la squadra in difesa. Una piacevole giornata assolata dona le premesse per vagonate di spensierato divertimento, se non fosse che ad un certo punto qualcuno comincia a morire davvero, trasformando il gioco dei sette ragazzi in una caccia all'uomo, nel quale interpretano il ruolo di prede.
Questa faccia da fenomeno morirà
durante i titoli di testa.
I predatori, molto ben introdotti nella trama, con quell'alone di mistero che rende il tutto ancora più eccitante, sembrano essere una sottospecie di veterani di guerra, partiti per la tangente, in cui il meno psicopatico dà diverse lunghezze ad Hannibal Lecter.


Questi loschi figuri armati fino ai denti, oltre alle armi da fuoco fanno uso di divertenti mine antiuomo, per dare quel tocco gore a tutta la partita. Chiaramente i ragazzi, con in mano i loro fucili giocattolo, si divertono come matti e infatti iniziano a morire uno dopo l'altro senza battere ciglio.


Uno dei pazzi scatenati che partecipa al mattatoio... 

E arriviamo al punto dolente dell'opera: il comportamento dei personaggi spesso pare forzoso e poco plausibile, asservito all'andamento della trama che li vuole necessariamente deceduti.
Non di rado vi ritroverete ad imprecare al vostro televisore frasi del tipo: "ma ca**o! Co****na! Sparagli!", "cre**no è di là! Ma non ce la fai proprio a girare il collo?", "ma perchè ha mollato il fucile? Non ci posso credere... PERCHE'???" e così via, mentre le prede umane continueranno ad immolarsi tipo lemmings, come se non ci fosse un domani, perfettamente in linea con il titolo del film.


Questa, signori miei, è un vero genio.
Vi chiederete spesso come fa ad essere ancora viva.

Prodotto nel 2011 in Italia con una crew nostrana: alla regia Cosimo Alemà, esperto regista di videoclip musicali ed alla sua prima esperienza in questo lungometraggio.
Gli attori invece sono tutti anglofoni, anche loro di primo pelo, ma molto bravi, e tutto l'alone che circonda il film nel suo insieme è "internazionale" e pare quasi fatto negli States, se non fosse per i riconoscibilissimi boschi nostrani.

In conclusione

Un film certamente piacevole da vedere e che svolge perfettamente il suo mestiere di thriller d'azione anche se lo fa in modo un tantino affettato e questo ne preclude l'ingresso tra i migliori.


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Voto WhatsGeek Movies: 7/10

giovedì 11 dicembre 2014

Father Christmas: è arrivato Natale!


In onore della kermesse a tema natalizio, nella mucchia dei panettoni vintage digitali ho ripescato un giocone che ha per protagonista il grasso nonno barbuto vestito di rosso.
Nel 1989, Enigma Variations in occasione del Natale rilascia per le principali piattaforme ad 8 bit in circolazione un gioco dall'originalissimo titolo di "Father Christmas" e dallo speciale potere: in pochi minuti riesce ad annientare lo spirito natalizio di qualsiasi persona vi si cimenti, trasformandolo in uno scaricatore di porto
Basteranno cinque minuti, infatti, per trasformare la vostra volontà di essere più buoni in una voglia matta di inquinare l'intero pianeta, sterminare tutti i fottuti panda ed insultare il primo passante che incontrerete per strada.

La copertina del gioco.
Ma veniamo al gioco. Quelli di Enigma Variations hanno pensato bene di dividerlo in tre sezioni distinte tra loro e dal diverso gameplay, concatenate però dal filone narrativo che illustra il nostro Babbo Natale mentre prepara la slitta, raccoglie i regali da portare ai bambini buoni ed infine li distribuisce.

Il gioco giustamente vuole sapere chi siete prima di farvi divertire.
Nella prima fase quindi impersoniamo il nostro Babbo mentre si costruisce la slitta che userà per consegnare i regali. Ci troviamo di fronte ad un platform a cinque schermate statiche che rappresentano la sua baita al Polo Nord, nelle quali dovremo ripescare ogni singolo pezzo che servirà per costruire il nostro mezzo. Solo un pezzo alla volta sarà presente da qualche parte nelle cinque schermate ed il nostro compito consisterà nel ricercarlo, raccoglierlo e portarlo all'esterno dove le renne attendono impazienti il completamento della slitta.

Nella prima fase del gioco dovrete comporre la slitta evitando
i nani malefici.
Detta così sarebbe una bazzecola, se non fosse che un manipolo di nanerottoli bastardi, che poi sarebbero gli Elfi del nostro Babbo, corrono come dei forsennati per tutta la baita ed ogni volta che incrociano il loro papà cicciuto gli fregano il pezzo di slitta, il quale riappare magicamente in una diversa posizione casuale e sarà nuovamente da ricercare. L'unico modo di portare al sicuro il nostro pezzo di slitta è quello di arrivare a posizionarlo dietro alle renne e passare alla ricerca del pezzo successivo.

Imboccare una di quelle maledette scale scappando dai vostri
amici, si fa per dire, Elfi, sarà più difficile di quel che sembra...
La cosa non è male e sarebbe anche moderatamente divertente, se non fosse che l'accesso alle scale che fanno salire e scendere di livello il nostro personaggio è calibrato al millimetro per cui spesso ci ritroveremo a dover far manovra per scendere o salire mentre uno di quei subdoli nanetti ci piomberà addosso costringendoci a ripetere la ricerca.
Se riuscirete a superare questo primo livello senza incorrere in una crisi epilettica, vi troverete davanti una bella letterina di un bambino in cui dovrete andare a scegliere un gruppetto di giochi da una pletora molto più ampia. L'elenco da voi scelto sarà quello che dovrete recuperare nella fase due del gioco in cui vi troverete in una schermata sempre all'interno della vostra gigantesca baita con un mare di giocattoli che letteralmente piovono dal soffitto ad una velocità troppo elevata per permettervi di ragionare. Da questa pioggia dovrete recuperare nel minor tempo possibile quelli della vostra lista.

Nella seconda fase di gioco, una pioggia di cianfrusaglie cadrà
dal soffitto. A voi recuperare la lista dei regali da consegnare ai
vostri bambini (ma solo quelli buoni).
In questo caso il vostro apporto sarà di muovervi a cazzo a destra e sinistra sperando che la fortuna vi faccia prelevare i vostri giocattoli il prima possibile. In rare occasioni riuscirete a riconoscere qualcosa della marea di roba che cade probabilmente dalla fabbrica di quei nani maledetti e vi parrà di muovervi sensatamente in una direzione, ma sarà una mera illusione.
Quando in un modo o nell'altro avrete terminato questa seconda sessione di gioco, inizierà la distribuzione dei regali ai bambini!
Con la vostra slitta solcherete i cieli di uno sparatutto a scorrimento orizzontale, nel quale sfrecciano dei non ben identificati sprites che a prima vista sembrano degli sfilatini di pane bianco, ma che forse sono nuvole, o UFO, o qualcosa del genere. Questi oggetti passando possono intercettare il regalo che voi, dalla slitta, lancerete verso il terreno ogni volta che una freccia ve lo indicherà. 
La quantità e la velocità di quei cosi è tale che riuscire nell'impresa risulterà alquanto complesso.

Ecco Babbo con la sua slitta che consegna regali sopra gli States.

Ogni volta che terminerete questa terza fase, vi verrà nuovamente riproposta con uno scenario differente, per replicare i diversi luoghi in cui il nostro Babbo va a distribuire i regali.
In definitiva dovrete consegnare regali negli USA, in Europa, Africa, Antartide ed infine in Finlandia, stesso schema di gioco, ma mirabolante sfondo sempre diverso.
Se tutto quello che ho detto non vi ha scoraggiato, sappiate che l'intero gioco va terminato in un certo lasso di tempo, ovvero nel corso della notte, infatti non si è mai visto Babbo Natale consegnare regali di giorno.

Sul finale, stessa modalità di gioco,
scenari differenti.
Il tempo a vostra disposizione sarà scandito dall'immagine posta a basso nello schermo della luna che a poco a poco sarà sostituita da un bel sole splendente, arrivato il quale, se non avrete consegnato i regali a tutti i bambini del mondo, avrete perso la partita, per cui è bene darsi una mossa fin dalla prima fase di costruzione della slitta.
Segnalo la colonna sonora, perfetta trasposizione 8-bit di "A wish you a merry christmas", "Jingle bells" e un altro non meglio identificato pezzo un po' meno natalizio, ma più incalzante, che vi accompagnerà mentre cercherete di raccattare i regali che piovono dal tetto della baita, nella seconda fase del gioco.
Un'ultima nota sono i controlli: o vi munite di un dispositivo capace di darvi un buon controllo del personaggio (nel mio caso, Sony Psp è perfetta), o non passerete mai la prima fase di gioco: quelle maledette scale vi faranno morire (scordatevi il controllo touch del tablet).


In conclusione:

Gli amanti del retrogaming, veri amanti del videogioco nella sua essenza, non potranno farselo scappare: tre schemi di gioco classici in uno. 
Dovrete solo resistere alla fase uno, senza farvi buttare fuori di casa da chi vive con voi.

Punti a favore:
  • E' Natale! Non si può non giocare ad un gioco con Babbo Natale!
  • Un simpatico giochino, capace ancora di divertire e con gameplay vecchio stampo.
Punti contro:
  • I controlli, soprattutto nel primo schema di gioco, devono essere calibrati al millimetro.

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Voto "Game Commodore 64": 7/10

Voto "Game Assoluti": 5/10

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Piattaforma: Sony PSP con Emulatore Commodore 64

domenica 7 dicembre 2014

Lost Patrol


Un videogiocatore, senza dubbio, è abituato alla sfiga più nera e non potrebbe essere altrimenti: ogni volta che inizia una storia in una delle sue innumerevoli vite virtuali, solitamente viene catapultato in mezzo a qualche casino, che nel migliore dei casi è una guerra, un incidente aereo, un'epidemia di colera, nel peggiore è un'invasione del pianeta Terra da parte di una razza di leviatani ciascuno grande quanto un continente, o un'apocalisse zombie, o una gita in una qualche simpatica e variegata dimensione infernale.
Insomma, un videogiocatore è tendenzialmente uno avvezzo all'avverso destino, in barba all'ottimismo di Tonino Guerra, ma in fondo è anche uno a cui piace stare nel centro del ciclone.


La mappa di gioco. A sinistra l'elicottero schiantato e la posizione
della nostra squadra. La base a cui dobbiamo giungere sta a destra...
molto a destra...
Nel 1990, Ocean Software, uno dei distributori di videogames d'eccellenza del periodo, rilasciò per Amiga un RPG d'azione, sviluppato da Simon CookeIan G.Harling di Shadow Development. Il gioco non smentiva l'assioma appena descritto: narrava la storia di un gruppo di militari statunitensi durante la guerra in Vietnam e di ritorno da una breve licenza spesa a Saigon che, per non eccedere in serenità all'interno del plot di un videogioco, schiantavano il loro elicottero da qualche parte negli altopiani centrali di quella simpatica regione.


Non tutti arriveranno in fondo al gioco...
A questo punto, nel bel mezzo del nulla, a circa cento chilometri dalla Du Hoc, la base americana più vicina, il giocatore con un sorriso ebete prendeva in mano il joystick e cominciava a penare, cercando di portare in salvo i sette sopravvissuti allo schianto.


Schermate statiche simile a questa descrivono gli eventi
via via che si susseguono.
E da penare ce n'era parecchio, visto che questo gioiellino viene considerato tra i videogames in assoluto più difficili da portare a termine ed in effetti anch'io, nonostante il monte ore dedicatogli, non sono mai riuscito a finirlo.
Il grande punto di forza di Lost Patrol era l'atmosfera. La colonna sonora, scritta da Chris Glaister, era semplicemente formidabile. Un riff musicale che veniva ripetuto in loop durante il gioco, interrotto solo dagli eventi che irrompevano nella routine gestionale della squadra, ma che non stancava mai e manteneva il giocatore come ipnotizzato dentro quell'incubo nelle lande del Vietnam.
Il giocatore prendeva il controllo del Sergente Charlie Weaver ed aveva tutta una serie di parametri da gestire per riuscire a portare in salvo la sua squadra. Tra i fattori più importanti c'era il cibo da razionare, la velocità di marcia e la direzione, i riposi e la loro durata. 
Il gioco era a turni, per cui impostati alcuni dei parametri appena accennati, si cominciava a prendere decisioni per spostarsi, nominare due scout e mandarli in avanscoperta, perlustrare l'area in cerca di trappole o nascondigli di armi nemiche, lasciare a nostra volta delle trappole dietro di noi lungo il cammino


Alcuni filmati a bassa risoluzione si alternano alle schermate.
Dietro, la mappa di gioco.

A creare una grande immersione nella storia, oltre alla musica, dopo ogni scelta fatta, delle schermate statiche o delle animazioni descrivevano l'azione che i soldati stavano compiendo. Piuttosto rivoluzionari per l'epoca certi filmati in bassissima risoluzione che mostravano i soldati mentre guadavano un fiume, o correvano in mezzo alla jungla. Reali filmati in bianco e nero decisamente rari nei videogiochi di allora e per questo di grande effetto.


I nostri ragazzi riposano un po' prima di
riprendere la marcia.
Durante gli spostamenti dei nostri poveri dispersi verso la salvezza, accadevano eventi particolari che non erano casuali, ma legati alla zona del territorio nella quale ci stavamo spostando.
Per cui potevamo essere attaccati da una pattuglia nemica, uno dei nostri poteva venire ferito gravemente o anche ucciso da una trappola vietcong, la nostra pattuglia in avanscoperta poteva trovarsi di fronte ad un viet incazzatissimo, emulo di Bruce Lee, e doverlo affrontare in una lotta corpo a corpo e così via.
Ciascun evento dava vita ad un minigioco, quasi tutti di qualità mediocre, che ne decretava il risultato.
Ma come dicevo all'inizio. la grande forza di Lost Patrol era l'atmosfera e quando il minigioco finiva male e uno dei nostri perdeva la vita, il riff si trasformava in un requiem e la scritta "killed in action" veniva posta sotto la foto del militare ucciso. Una breve schermata di un seppellimento militare in campo nemico chiudeva l'avvenuta tragedia digitale e qualcosa dentro di noi veniva toccato.


Ecco qua. Le schede dei personaggi della nostra squadra.
Semplici ed esaustive allo stesso tempo.

Poi il riff ripartiva inesorabile e i sopravvissuti ricominciavano a tirare avanti.
Ciascun membro della squadra, oltre ad avere particolari skills intuibili solo dalla descrizione biografica nel manuale del gioco, aveva anche due punteggi: uno di Forza ed uno di Morale. Terminato il primo, il personaggio moriva, mentre terminato il secondo, dava di matto e poi moriva. Inoltre era presente un campo descrittivo sotto ciascuno di loro nel quale venivano annotate ferite o pericolosi stati mentali per dare un maggior senso di dettaglio e di realismo al tutto.


Uno dei tanti minigiochi,
un po' scarsini...
Dopo fin troppe ore spese ai tempi dell'Amiga 500, la fine di questo gioco me la sono rivista quasi quindici anni dopo, sul tubo, operazione impossibile negli anni degli homecomputers non connessi al web. Il finale, considerato lo sbattimento incredibile, è un po' troppo semplicione, ma lascia spazio anche per un sentito messaggio patriottico e alla fine non è che abbia un gran peso nella valutazione del gioco.
Chi ama i videogames lo sa: alcune storie restano nel cuore e Lost Patrol, per me, è certamente una di quelle.

In conclusione:

Il gioco ai tempi, dalle riviste del settore, è stato moderatamente considerato un buon prodotto, senza mai eccellere. A modo suo ha fatto storia, perché era qualcosa di non convenzionale e aveva quel quid che lo faceva somigliare ad un bello e coinvolgente film interattivo.
Se siete della vecchia guardia e ve lo siete perso, vi consiglierei un saltino sull'emulatore. 


Punti a favore:

  • Grande storia e una buona immersione nell'ambientazione.
  • Una colonna sonora rimasta nel cuore di molti.

Punti contro:

  • E' un gameplay particolare, direi quasi meditativo. E' un gioco che va capito per essere amato, altrimenti dice poco o nulla.
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Voto "Game Amiga 500": 8/10

Voto "Game Assoluti": 6/10 

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Piattaforma: Amiga 500

giovedì 4 dicembre 2014

Transcendence, quando la fantascienza diventa una puttanata.


Ok, ve lo dico subito: questo Transcendence è una marchetta, sia chiaro. Dicasi marchetta. La marchetta è un termine solitamente associato alle donne di malaffare, ma in senso lato possiamo accomunarlo a certe prestazioni artistiche di bassa lega, eseguite da chi solitamente partecipava a produzioni più rinomate, ma si sa, quando la pecunia diminuisce, bisogna correre ai ripari e non si guarda in faccia a nessuno. Questo è quello che sembra essere successo a Johnny Deep, protagonista di Transcendence, film uscito quest'anno e fresco di botteghino.
Eppure qualcosa non torna: il budget era di cento milioni di dollari, il regista, Wally Pfister, è stato il direttore della fotografia di tutti i più grandi successi di Christopher Nolan, da Memento ad Inception, passando per i diversi Batman. Il cast, a guardar bene, non è mica composto da mammolette, anzi, ci sono dei pezzi da novanta del cinema statunitense: Morgan Freeman, Paul Bettany, Cillian Murphy, Rebecca Hall, Kate Mara.
Ma allora cosa diavolo è successo? Provo a telegrafarvi un accenno di trama, senza svelare nulla, naturalmente.


Nel film vedrete tante equazioni, fili e schede elettriche
messe apposta per darvi la sensazione che i protagonisti stiano
facendo qualcosa di intelligente, ma è pura illusione.

Will Caster è uno scienziato che si occupa di intelligenza artificiale che viene assassinato da un gruppo terroristico anti-tecnologia (?), timorosi che i suoi esperimenti sull'intelligenza artificiale possano creare un Dio al di fuori di ogni legge naturale. In fondo è un po' quello che scatenano con l'assassinio di Doktor Caster che, novello Frankenstein, dà vita ad un mostro copiando la sua mente dentro un immenso computer, grazie all'aiuto della sua compagna.
Già si sviluppa un primo fondamentale quesito filosofico: se anche copio ogni minimo dettaglio della mia mente, pensieri, sentimenti e tutto il resto in una macchina artificiale, rendendola, di fatto, immortale, quello che resta è comunque una copia di me stesso, o me stesso? Ed ancora, se anche una macchina potesse essere riempita con tutta la struttura e l'intima natura di un cervello umano sarebbe comunque cosciente? O sarebbe un semplice replicante del comportamento umano in ogni suo minimo dettaglio tanto da ingannare qualsiasi interlocutore? 


Quando arriverete a vedere questa scena di combattimento il film
avrà toccato il fondo, ma, tranquilli, da lì in avanti inizieranno a scavare.

Insomma, materiale per farsi qualche sega mentale ce n'era a secchiate e l'idea di fondo non è neanche male, ma il problema è che hanno preso la cosiddetta ruzzola e sono usciti un tantino dal seminato, ideando una serie di espedienti tecnologici al cui confronto Harry Potter pare un impiegato del catasto e con la pretesa di presentarli anche come plausibili.
Il mega-Caster-computer resta sempre avvolto da una morale sfumata, tra mostro e salvatore, per poi delinearsi in un finale che effettivamente trasmette un bel messaggio e lancia qualche spunto di riflessione, ma se avessero consultato qualche tecnico in più prima di scrivere la sceneggiatura la coerenza del film ne avrebbe giovato non poco.

In Conclusione:
Lo metterei quasi nella categoria del trash, se non fosse che alla fine non se lo merita, ma in senso negativo, per cui resta un mediocre film di fantascienza guardabile se proprio proprio non avete nient'altro da fare.

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Voto WhatsGeek Movies: 5/10